domenica 6 aprile 2008

LA SARDA RIVOLUZIONE- LE 5 DOMANDE




1 Le Cinque domande

Il 29 dicembre del 1792 i francesi (1) avevano occupato Carloforte senza colpo ferire e si preparavano ad invadere l’isola. Ma il 17 gennaio 1793 dovettero ritirarsi dall’istmo di Sant’Antioco, grazie alla resistenza dei miliziani (2) di Iglesias.
Il 20 gennaio la flotta francese fece vela sulla città di Cagliari.
Fin dal 4 gennaio 1793 lo Stamento militare (3) si era autoconvocato per prendere provvedimenti di fronte alla minaccia francese.
Il governo sabaudo aveva sempre preferito rivolgersi direttamente agli Stamenti (3) (militare, dei nobili; ecclesiastico, del clero; reale, dei rappresentanti delle città, cioè i borghesi) attraverso dei loro referenti, evitando la riunione plenaria dell’assemblea generale dei tre rami del Parlamento (3) (la cui ultima convocazione risaliva ad un secolo prima). L’autoconvocazione era dunque già di per sé un atto eccezionale.
Nella discussione, il vicerè (4) Balbiano fu oggetto di critiche per la sua inazione.
Dopo qualche giorno anche lo Stamento ecclesiastico decise di riunirsi.
Si chiese il rispetto delle “leggi fondamentali”(4) del Regno di Sardegna e lo ristabilimento del Parlamento, entrambi, sia leggi che organo, risalenti al periodo spagnolo ed ancora vigenti, benché mai presi in considerazione dai Savoia.
Nel frattempo si mobilitò un altro organo istituzionale: la Reale Udienza (5), il supremo tribunale dell’isola, che doveva giudicare se fosse legittima l’autoconvocazione dello Stamento militare.
La Reale Udienza non solo giudicò legittima l’autoconvocazione del Parlamento, ma ribadì il suo importante ruolo di Consiglio politico del vicerè.

Il 22 gennaio la flotta francese comandata dal Truguet inizia il bombardamento sulla città di Cagliari ed in febbraio hanno luogo le operazioni di sbarco sul litorale di Quartu, al Margine rosso. I miliziani sardi riescono a resistere agli assalitori, che si ritirano.
Nobili e borghesi, nell’entusiasmo della resistenza ai francesi, hanno assaporato il piacere del comando, hanno riscoperto il valore delle tradizionali “autonomie” sarde, che i Savoia avevano trascurato e disprezzato.
I nobili cagliaritani si lamentano della lentezza del vicerè nella difesa, richiedono che alla nobiltà sarda venga riservata l’assegnazione di incarichi civili e militari. Si diffondono idee di cambiamento, e si rafforza la volontà di richiamarsi alle “leggi fondamentali”.

Nell’estate del 1793 gli Stamenti pronunciano le Cinque Domande, in un memoriale indirizzato al sovrano:
1- che il Parlamento, mai riunito dai re sabaudi, fosse convocato come già dai re di Spagna, ogni dieci anni;
2- che si riconfermassero gli antichi privilegi del regno;
3- che, fatta eccezione per la carica di viceré, tutti gli impieghi civili e militari fossero concessi esclusivamente a Sardi;
4- che si istituisse un ministero per gli affari della Sardegna in Torino;
5- che si istituisse in Cagliari un Consiglio di Stato che il viceré avrebbe dovuto consultare per l’ordinaria amministrazione.
Due membri di ciascuno degli stamenti vengono designati a costituire la delegazione che dovrà illustrare il memoriale al sovrano. Per lo stamento militare vengono designati Gerolamo Pitzolo e Domenico Simon.
Le Cinque Domande vengono dunque affidate alla delegazione che si recherà a Torino per essere ricevuta dal re.
Ma le Cinque Domande vengono respinte dal re Vittorio Amedeo III.
Vennero solo concesse delle nomine ad alcuni sardi: Gerolamo Pitzolo, che aveva fatto parte della delegazione, ottenne l’incarico di Intendente generale delle Finanze e il Marchese della Planargia quello di Generale delle Armi.
Successivamente si verificò una spaccatura tra coloro che, insieme a Giramo Pitzolo, ritenevano esaurito l’entusiasmo per la resistenza antifrancese e che dovesse essere ristabilito l’ordine, e coloro che invece ritenevano si fosse giunti solo ad una prima fase di un processo di cambiamento.
Facevano parte di quest’ultimo schieramento soprattutto avvocati e notai e i rappresentanti dello Stamento reale, che consideravano Giovanni Maria Angioy come punto di riferimento. Essi godevano di un solido appoggio popolare.
Il Pitzolo e il Planargia verranno infine accusati di tradimento e uccisi.



Note
1) Nel corso degli eventi successivi allo scoppio della Rivoluzione francese, La Francia rivoluzionaria aveva sferrato l’attacco ai Savoia, alleati nella confederazione antifrancese. Sotto l’urto delle armi rivoluzionarie i Savoia verranno travolti e scacciati, prima da Nizza e dalla Savoia e poi dallo stesso Piemonte (nel 1799 il re Carlo Emanuele fu costretto ad esiliarsi in Sardegna e risiedette per breve tempo a Cagliari). Dopo l’occupazione di Nizza e Savoia, nel 1792, dovette sembrare ai francesi impresa facile anche l’occupazione della Sardegna.►
2) La Milizia nazionale era costituita da volontari che venivano arruolati con la promessa di qualche esenzione e privilegio, era formata a quei tempi da 185 compagnie di fanteria che inquadravano 22.799 uomini e 80 compagnie di cavalleria con 5907 cavalli. Era però una forza pressoché inesistente, sparsa nei singoli villaggi, senza addestramento, male equipaggiata ed armata, senza graduati ed ufficiali atti a poterla guidare. Per questo motivo il viceré non volle tenerne conto fino all’ultimo momento
3) Nel 1297 Giacomo d’Aragona ebbe dal papa BonifacioVIII l’investitura della Sardegna, fino a quel momento semplice feudo della Chiesa spartito e conteso tra il Giudicato di Arborea e i Comuni di Pisa e Genova. Nasceva così il Regno di Sardegna, allora non più che un titolo, un vasto territorio di cui bisognava ancora impadronirsi. Solo nel 1324 la conquista aragonese della Sardegna incominciò a concretizzarsi e solo nel 1421 Alfonso il Magnanimo poté dar vita effettiva al regno con la convocazione del Parlamento: esso era costituito, come quello valenzano e catalano, dai tre bracci, o Stamenti : ecclesiastico, militare, reale. Facevano parte del primo i grandi prelati, del secondo i nobili e i cavalieri, del terzo i rappresentanti delle città e delle ville non infeudate.
Compito principale del Parlamento fu quello di votare (ogni dieci anni) il donativo, cioè la somma annualmente richiesta dalla corona ai tre bracci che si ripartivano l’incarico; inoltre esso svolgeva la sua funzione vera e propria, quella legislativa: proporre nuove leggi, modificarne o abrogarne altre ecc. Ma il Parlamento in effetti non aveva alcun potere di legiferare, che spettava solo al re, il quale poteva accogliere o respingere le “umili”proposte di “grazie” e “privilegi”.
Nessuno dei tre bracci rappresentava la popolazione sarda, ma solo gli interessi ed i privilegi dei signori.
In ogni caso l’esistenza e la convocazione Parlamento può considerarsi almeno teoricamente come una forma di autonomia ed identità del Regno sardo.
Passando sotto il governo dei Savoia col trattato di Londra del 1718, il Regno di Sardegna, che conferì titolo di re ai duchi sabaudi, mantenne il suo Parlamento, così come era stato sotto il potere spagnolo, che però non venne mai convocato dai sovrani piemontesi, che dimostrarono così grande disprezzo verso l’autonomia dei sudditi sardi.

4)Viceré fu il nuovo nome assunto nel 1418 dal luogotenente regio del Regno aragonese di Sardegna che all’inizio dell’istituzione, nel 1324, si chiamava governatore generale o alternos del monarca, e che reggeva lo Stato in assenza regia con poteri delegati, compresa la facoltà di convocare e presiedere i Parlamenti.
Dopo il trattato di Londra, non fu Vittorio Amedeo II a recarsi sull’isola per prenderne possesso, ma direttamente il viceré barone di Saint Remy, senza che il re degnasse di mostrarsi ai suoi nuovi sudditi. La Sardegna, nonostante fosse il loro solo Regno, fu trattata dai Savoia come un vicereame, in secondo piano rispetto al loro ducato. Così nel 1720 avvenne lo scambio di giuramenti tra il viceré e i membri degli stamenti; questi promettevano fedeltà e vassallaggio al nuovo sovrano, il vicerè prometteva di conservare immutati i privilegi e le leggi fondamentali del Regno. Ciò significava per la Sardegna non già un’autonomia (più di diritto che di fatto), ma una duplice soggezione, verso i feudatari (i vecchi baroni di origine spagnola) e il governo piemontese. I vari viceré che si succedettero in Sardegna mantennero un atteggiamento di immobilismo lasciando l’isola sotto l’oppressione di un secolare regime medievalesco.

5)La Reale Udienza era l’organo collegiale per l’amministrazione della giustizia nel Regno di Sardegna. Fu istituito nel 1564 da Filippo I di Spagna a seguito della richiesta degli stamenti allo scopo di poter esercitare in sede locale la funzione di Corte d’Appello , fino a quel momento esercitata dal Consiglio Supremo di Spagna. In caso di “vacatio regni” prendeva le redini dello Stato, e questo accadde nel 1794 con la cacciata del viceré Balbiano.