giovedì 4 marzo 2010

PARLIAMO DI MERITOCRAZIA

La scuola quando è meritocratica migliora il Sistema Paese. Una verità ormai risaputa che non sempre trova riscontro nelle pratiche quotidiane di assunzione. Nel nostro Paese manca la cultura del merito. Sia nel pubblico, che nel privato la referenza è spesso sinonimo di raccomandazione o conoscenza.
E’ prassi comune, per chi si affaccia la mondo del lavoro, rivolgersi alla famiglia ed agli amici. Ma nella pratica delle segnalazioni, diffuse tra l’altro in tutti i Paesi, quelle che sono “referenze” da noi assumono il nome di “raccomandazioni”. E la differenza è marcata: mentre la referenza impegna la reputazione di chi la fa, la raccomandazione rimanda all’accordo di un favore personale, che è indipendente dalla bravura del soggetto segnalato. Questo non significa che nel nostro Paese le segnalazioni siano tutte errate, ma c’è bisogno di una correzione del sistema a catena ormai consolidato nel mondo del lavoro.

http://www.formazioneblog.it/2009/10/la-meritocrazia-migliora-il-paese/


“Meritocrazia” è un sistema di valori che valorizza l’eccellenza indipendentemente dalla provenienza, dove “provenienza” indica un’etnia, un partito politico, l’essere uomo o donna; invece in Italia “provenienza” significa soprattutto la famiglia di origine.
 Il sistema educativo, che dovrebbe essere il motore della mobilità sociale, in Italia ha fallito miseramente in questo compito. Discrimina tra Nord e Sud e tra ricchi e poveri (agli istituti tecnici vanno i figli dei meno abbienti e a laurearsi sono i privilegiati – a spese dei primi, perché l’università, essendo in parte gratuita, di fatto viene finanziata dai contribuenti). La scuola in Italia non è la leva per l’ascensore sociale  (il “pezzo di carta” non serve più a nulla e ci sono meno laureati del necessario perché il 3+2 ha fallito). In sintesi, il nostro sistema educativo non consente ai giovani eccellenti provenienti da famiglie non agiate di accedere agli atenei eccellenti.
ll ruolo della scuola pubblica è quello di creare le pari opportunità per tutti, insegnando ‘life skills’, le capacità che servono nella vita, come ad esempio saper analizzare e tirare conclusioni corrette, saper risolvere problemi. Le pari opportunità sono il terreno dal quale i più meritevoli hanno l’effettiva possibilità di salire nella scala sociale indipendentemente dai privilegi, o meno, di essere nati in un certo famiglia, in un certo ceto sociale, in una certa zona geografica.
Le pari opportunità per i giovani si fermano a Roma: i giovani del Sud hanno scuole pessime, come dimostrano i loro test PISA (a livello di Uruguay e Thailandia, anche se nessuno lo sa, dato che i voti assegnati agli studenti dagli insegnanti sono buoni, al livello di quelli del Nord). Le pari opportunità per le migliori donne italiane non esistono, dato che il “soffitto di vetro” per le migliori italiane è il peggiore del mondo sviluppato: le donne italiane sono quelle che lavorano di meno e fanno meno figli.
ROGER ABRAVANEL “MERITOCRAZIA”

 SE LA SCUOLA E' MERITOCRATICA IL PAESE MIGLIORA
 Se non c'è cultura del merito in Italia, la colpa è della scuola? È la nostra società che non è basata sul merito, ma sulle relazioni, le appartenenze, le parentele, il conformismo. Come può una scuola da sola contrastare tutto questo? Quando uno studente termina gli studi e cerca un lavoro, la prima cosa che fa è rivolgersi alla famiglia ed agli amici. Niente di male, ovviamente. In tutti i paesi ci sono le segnalazioni per favorire la ricerca del lavoro. Ma queste altrove si chiamano "referenze", mentre da noi assumono il nome di "raccomandazioni". C'è una bella differenza. La referenza impegna la reputazione di chi la fa: se io segnalo una persona per un lavoro e ne decanto le qualità, mi assumo la responsabilità delle mie affermazioni. Se non sono corrispondenti al vero, la mia reputazione scende e le mie successive segnalazioni non avranno peso. Se invece raccomando una persona, chiedo a qualcuno di fare un favore a me, indipendentemente dai meriti di chi è stato raccomandato. Il favore verrà accordato solo se, poi, a mia volta sarò disponibile a ricambiare il favore. E la catena cresce e si intreccia.
Registi, attori, cantanti, hanno tutti figli predestinati, tanto che dal dopoguerra ci ritroviamo sempre con gli stessi nomi sui manifesti cinematografici, al teatro, in tv, come se il tempo si fosse fermato.
Ma, qualcuno dirà, c'è l'impresa privata. Se non fa valere il merito, fallisce. Vero. Ma è anche vero che il fallimento è in Italia un evento molto raro e giuridicamente difficile. Sicché, prima di fallire, c'è tempo per fare guasti (e arricchirsi comunque). È così che, in un paese dove la proprietà delle imprese è essenzialmente familiare, la gestione passa dai genitori ai figli e ai parenti. Si assumono e fanno carriera coloro che sono più fedeli e consenzienti.
Relazioni e parentele hanno un valore che non può essere disconosciuto in nessun paese. L'importante è che esse non soffochino la società e consentano una certa dose di ricambio. E, comunque, chi ha raggiunto posizioni attraverso le relazioni, almeno si sforzi di meritare dopo quello che ha avuto prima.
Per far questo, serve soprattutto una politica ed una società più aperta e trasparente, dove l'esempio della moralità e del merito venga dall'alto. Come ha giustamente detto il presidente Giorgio Napolitano, nell'inaugurare l'anno scolastico 2009-2010.

Innocenzo Cipolletta Da "La Stampa" 6/1072009 domenica 22 novembre 2009