venerdì 4 marzo 2011

4 MARZO Ippolito Nievo muore nel 1861


«Ecco la morale della mia vita. E siccome questa morale non fui io ma i tempi che l'hanno fatta, così mi venne in mente che descrivere ingenuamente quest'azione dei tempi sopra la vita d'un uomo potesse recare qualche utilità a coloro, che da altri tempi son destinati a sentire le conseguenze meno imperfette di quei primi influssi attuati» 

Ippolito Nievo "Le confessioni di un italiano" 


"Io nacqui veneziano ai 18 ottobre 1775, giorno dell'Evangelista Luca; e morrò per la grazia di Dio italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo".
incipit de Le Confessioni di un italiano"

Ippolito Nievo nasce a Padova il 30 novembre 1831. Trascorre l'infanzia ad Udine, dove la sua famiglia si trasferisce nel 1837; durante i periodi di vacanza è nel vicino Castello di Colloredo di Montalbano, luogo che rimarrà a lungo nell'immaginario del futuro scrittore. 
I luoghi della sua infanzia e della sua famiglia faranno da sfondo in tutti i suoi romanzi e le sue novelle, ai personaggi che si muoveranno tra la Lombardia, il Veneto e il Friuli. 






 
Venuto a contatto con l'ideologia e il pensiero di Giuseppe Mazzini, nel 1848 il giovane Ippolito partecipa  allo scoppio del moto insurrezionale di Mantova, che però fallisce. 
Nella primavera del 1849 soggiorna per breve tempo a Pisa dove conosce Andrea Cassa, con il quale partecipa ai moti livornesi ed entra in contatto con gli esponenti del partito democratico di Guerrazzi.
Deluso dalla sconfitta si reca a Cremona con l'amico Attilio Magri e in questa città, dove vivrà per alcuni mesi, conosce Matilde Ferrari,di cui si innamora .


Appena laureatosi, Nievo decide di dedicarsi totalmente alla letteratura ed al giornalismo, andando contro la volontà del padre che lo voleva notaio.
Nel contempo erano già apparse le sue prime opere letterarie (il saggio "Studii sulla poesia popolare massimamente in Italia" è del 1854, così come la rappresentazione del suo dramma "Gli ultimi giorni di Galileo Galilei
"). Inizia a collaborare con giornali di provincia ("La Lucciola" di Mantova; "L'Annotatore friulano" di Udine), sui quali pubblica novelle ispirate alla vita di campagna, della quale inizia a difendere le usanze, le tradizioni ed i costumi nei confronti delle accuse borghesi di rozzezza e di ignoranza.

Nel 1859 si arruola a Torino tra i cacciatori a cavallo di
Garibaldi, con i quali combatte a Varese e a San Fermo. 
L'anno successivo entra a far parte della spedizione dei Mille, che sbarca a Marsala: in questa occasione Nievo si distingue a Calatafimi e a Palermo, tanto che gli viene affidata la nomina di "Intendente di prima classe" con incarichi amministrativi, di cui sarà anche attento cronista ("Diario della spedizione dal 5 al 28 maggio" e "Lettere garibaldine"). Riceve l'incarico di riportare da Palermo i documenti amministrativi della spedizione, ma il vapore "Ercole" sul quale viaggiava naufraga al largo della costa sorrentina in vista del golfo di Napoli: Ippolito Nievo trova la morte durante il viaggio di ritorno dalla Sicilia, presumibilmente nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1861.



«O primo ed unico amore della mia vita, o mia Pisana, tu pensi ancora, tu palpiti, tu respiri in me ed intorno a me! Io ti veggo quando tramonta il sole, vestita del tuo purpureo manto d'eroina, scomparir fra le fiamme dell'occidente, e una folgore di luce della tua fronte purificata lascia un lungo solco per l'aria quasi a disegnarmi il cammino.»



«Vivendo bene, si muore meglio; 

desiderando nulla, si possiede tutto.»


Ippolito Nievo


IL MISTERO DEL NAUFRAGIO DELL' ERCOLE

Un viaggio nell’abisso, sulle tracce del misterioso naufragio di una ottocentesca barca a ruote. Il gorgo è immenso, polveroso e arcano: non più d’acqua, ma di carte custodite negli archivi storici di cinque città. Nell’ultimo suo viaggio il vecchio postale “Ercole”, che faceva spola tra Palermo e Napoli, portava anche un impasto di storie, condensate dentro pacchi di ricevute, conti e resoconti dell’impresa dei Mille che, pochi mesi prima aveva aggregato al nascente Regno d’Italia un territorio immenso, dall’Abruzzo a capo Passero. Responsabile degli uffici amministrativi garibaldini in Sicilia era il giovane colonnello Ippolito Nievo. Lo videro sul ponte dell’“Ercole”, sorridente, insieme a altri quattro garibaldini. Poi una bufera, “neanche troppo furiosa” come riportò un giornale palermitano, lo inghiottì insieme agli altri quindici passeggeri, a 280 tonnellate di carico, ai marinai e al capitano Michele Mancino, trascinando a fondo, a poche miglia da Capri, anche pezze d’appoggio sulla regolarità amministrativa dei Mille, la più grande avventura del nostro Ottocento. Si sussurrò, e qualcuno oggi ripete, che a questo naufragio non fosse estraneo il governo di Cavour. Ma sulla scia dell’“Ercole” viaggiava un groviglio di interessi, alcuni poco chiari, che coinvolgevano faccendieri e segretari, finanzieri e armatori, borbonici e rivoluzionari, possidenti e banchieri, uomini politici vecchi e nuovi. Due massonerie, una repubblicana l’altra monarchica, aspiravano al titolo di Grande Oriente d’Italia. Un tesoro, chiuso nei forzieri del Banco di Sicilia, aveva atteso Garibaldi a Palermo. Le carte superstiti negli archivi raccontano come i garibaldini spesero quei cinque milioni di ducati d’argento che furono loro consegnati, dietro regolare ricevuta e in forza di un regolare armistizio. Qui si dice come 600 garibaldini, a piedi e male armati, sloggiarono da Palermo 25.000 borbonici che avevano caserme, ducati, cannoni, fortezze e fregate; come gli inglesi mediarono tra Garibaldi e il generale borbonico; come imprenditori emergenti ottennero commesse; come militari corrotti ebbero mance; come uomini oscuri costruirono una brillante carriera politica. Al colpevole silenzio di alcune gazzette rispose Alessandro Dunas padre che dalle colonne del suo giornale napoletano chiese la verità sull’“Ercole” e giustizia per gli annegati. Poi cadde l’oblio. Nessuno parlerebbe oggi di questo naufragio, se a Milano Nievo non avesse lasciato il manoscritto di un grande romanzo inedito, “Le confessioni d’un italiano”.
Fausta Samaritani



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