domenica 30 ottobre 2011

EMILIO LUSSU


Nato ad Armungia il 4 dicembre 1890 
e morto a Roma il 5 marzo 1975. 

Di famiglia contadina, si laureò in giurisprudenza all’Università di Cagliari. 

Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale della Brigata Sassari.

 Qui nacquero in lui le prime idee autonomistiche, sulla scia dei pensatori meridionalisti. 

Nel 1919 aderì al Movimento dei Combattenti e l’anno successivo fu tra i promotori del PARTITO SARDO D'AZIONE, di cui divenne uno dei più importanti  leader

Come giornalista , sono suoi molti articoli sul giornale ufficiale del partito, “Il Solco”, ma collaborò anche a “Riscossa sardista”, “Quaderni di Giustizia e Libertà”, “Il Ponte” e “Belfagor”.

Eletto deputato nel 1921 e nel 1924, all’avvento del fascismo, ne fu accanito oppositore.

Il 31 ottobre 1926, aggredito nella sua casa a Cagliari da squadracce fasciste,
 sparò, uccidendo uno dei suoi aggressori. 

Sottoposto a processo, fu assolto per legittima difesa, ma ciò nonostante una speciale commissione fascista lo condannò a cinque anni di deportazione e fu inviato al confino a Lipari

Riuscì ad evadere e a riparare in Francia 
insieme a C. Rosselli e F. Nitti. 

In Francia si unì ad altri antifascisti, fra i quali G. Salvemini, 
ed aderì al movimento “Giustizia e Libertà”. 

Rientrato in Italia dopo l’8 settembre 1943, riprese i contatti col P.S.d’A. di cui divenne il leader della sinistra. 

Deluso dalla fisionomia che il partito aveva assunto, finì per staccarsene con tutta l’ala sinistra per aderire al P.S.I. 

Ministro sotto il governo Parri e nel primo Gabinetto De Gasperi.

 Rieletto deputato nel 1946, divenne senatore di diritto nella prima legislatura repubblicana, 

fu ancora eletto senatore nella II, III e IV legislatura.

 Nel 1964, con la scissione all’interno del P.S.I. aderì al nuovo Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, di cui fu uno dei maggiori esponenti.

Nel 1968 si ritirò dalla vita politica.




Lussu e la Grande Guerra

Lussu studiò a Cagliari  e si laureò in giurisprudenza nel 1914. Nel periodo universitario Lussu si schierò con gli interventisti democratici (repubblicani, salveminiani), perché l'Italia entrasse nella Prima guerra mondiale contro gli Imperi centrali (Germania e Austria). Vi prese parte direttamente, come ufficiale di complemento nella Brigata Sassari, costituita su base ragionale per la maggior parte da contadini e pastori sardi. 

Nel 1916 la Brigata fu inviata sulle colline intorno ad Asiago .Le vittorie dei sardi nei primi scontri furono seguite da un potente contrattacco degli austriaci in una sfiancante e sanguinosa lotta che, più che per avanzare, si conduceva per la tenuta delle posizioni. Era del resto questa la vera guerra di trincea, ed era la guerra di una truppa gestita dai suoi distanti generali con modi ed intenzioni che oggi apparirebbero intollerabili. 

Questa esperienza ispirò al Lussu il suo capolavoro , Un anno sull'Altipiano, scritto nel 1938, di cui
 è stata fatta anche una preziosa riduzione cinematografica del 1970 dal regista Francesco Rosi dal titolo Uomini contro .


VEDI UNA SCENA DEL FILM   :
http://youtu.be/n3rcgVQvWKc

 Questo romanzo è un'importantissima memoria, un documento sulla vita dei soldati italiani in trincea che, per la prima volta nella letteratura italiana, descrive l'irrazionalità e il non-senso della guerra, della gerarchia e della esasperata disciplina militare in uso al tempo. 

UNA SCENA DAL FILM
http://youtu.be/6rXSZIzGS2Y
Dotato di un lucido razionalismo, l'autore poté  dimostrare con chiarezza nel suo scritto la profonda differenza fra ciò che davvero accadeva ai soldati e quanto invece ne conosceva l'opinione pubblica; dipinse in tutti i suoi drammatici aspetti quanto fosse inutilmente crudele la disciplina militare applicata a poveri contadini analfabeti e quanto eccesso di arbitrio, che spesso rasentava la follia, applicavano i generali e gli ufficiali superiori sui soldati mandati inutilmente a morte certa. 



VEDI UNA SCENA DEL FILM (DA "UOMINI CONTRO" LA DECIMAZIONE) :
http://youtu.be/9vLEKgTXl7Q

In un brano di notevole efficacia, descrisse il silenzioso terrore dei momenti che precedevano l'attacco, il drammatico abbandono della "sicura" trincea per proiettarsi verso un ignoto, rischioso, indefinito mondo esterno: «...tutte le mitragliatrici ci stanno aspettando». 
Al libro sono stati attribuiti molti significati politici, significati che sono stati resi più evidenti nella trasposizione cinematografica, ma essenzialmente  il romanzo , che è scritto in forma di reportage, a mezza via fra il resoconto giornalistico ed un racconto in termini diaristici e familiari, vuole essere un disincantato sguardo su un'amara realtà umana, in cui ideali ed eroismi si frantumano di fronte al dolore ed alla morte, al sacrificio di tante esistenze, di tanti giovani innocenti; e dunque contro il male e la follia della guerra si oppone un desiderio di pace, di saggezza e di umanità, una riflessione, più che politica, morale o filosofica. 

VEDI UNA SCENA DAL FILM "UOMINI CONTRO" (LA RETORICA DELLA GRANDE GUERRA)
http://youtu.be/GzH-BbBfPVA

 Non rimase fuori dalla narrazione il tema sociale riguardante il modo in cui le classi inferiori venivano "usate" a fini bellici. La partecipazione delle masse contadine sarde alla Grande Guerra fu in effetti un momento di passaggio fondamentale che pose in termini completamente nuovi la "questione sarda". Alla luce delle lotte condotte dal movimento socialista dell'epoca (la rivoluzione russa fu essenzialmente una rivoluzione contadina) essa divenne infatti il leitmotiv di un imponente moto di popolo che, nell'immediato dopoguerra, coinvolse ampi strati delle classi lavoratrici sarde. Fra i suoi organizzatori, Lussu fu uno dei più attivi ed amati. 


LUSSU antifascista 

Alla fine della guerra, insieme a Camillo Bellieni ed altri reduci, Lussu fondò il Partito Sardo d'Azione, da subito connotato come movimento autonomista e federalista, che pose al centro della sua azione politica la "questione nazionale sarda".
 Fu un movimento di massa che coinvolse i contadini e pastori sardi in nome della distribuzione delle terre e dei pascoli, contro i ricchi possidenti agrari e i partiti politici da loro sostenuti. 
Il partito fu munito di personalità giuridica e venne formalmente costituito nel 1921
con l'obiettivo non certo accessorio di contrastare la crescita del movimento dei Fasci. 

Nello stesso anno Lussu fu eletto alla Camera dei deputati e fu in seguito tra i deputati della "secessione aventiniana", famosa forma di protesta dopo il delitto Matteotti. 

Nonostante una prima sottovalutazione del fenomeno fascista, la sua posizione fu in seguito tra le più radicali e nette. Fu più volte personalmente e fisicamente colpito (e ferito) da aggressori rimasti ignoti.

 Nel 1926, durante uno di questi attacchi (per combinazione subíto lo stesso giorno dell'attentato a Mussolini, a Bologna), Lussu sparò ad uno degli aggressori che cercavano di introdursi nella sua casa di Cagliari, lo squadrista morì in seguito alla ferita, e Lussu venne perciò arrestato e processato. 

Gli fu riconosciuta la innegabile circostanza di legittima difesa, ma poco tempo dopo fu condannato a 5 anni di confino a Lipari  dal Tribunale Speciale. 
Dal confino Lussu evase nel 1929 insieme a Carlo Rosselli e Francesco Fausto Nitti, che narrerà l'avventurosa evasione nel libro Le nostre prigioni e la nostra evasione pubblicato in edizione italiana solo nel 1946 (del 1929 è la prima edizione in inglese col titolo di Escape) per raggiungere Parigi, dove scrisse un libro sugli avvenimenti di quel decennio (La catena). 

Insieme a Gaetano Salvemini e allo stesso Rosselli diede vita al movimento antifascista "Giustizia e Libertà", ideologicamente orientato in senso socialista liberale, che proponeva metodi rivoluzionari per abbattere il regime e sradicare dalla società italiana le sue cause (culturali, economiche, politiche); compì le sue attività clandestine con il nome in codice di "Mister Mills".

Prese parte alla guerra civile spagnola nel fronte antifranchista . 
Il suo ritorno in Italia (e in Sardegna) avvenne solo dopo l'armistizio del 1943, in un paese ben presto occupato dai nazisti.

 Dopo la fusione di Giustizia e Libertà e Partito d'Azione, diventato uno dei leader della nuova formazione politica, partecipò alla Resistenza a Roma, mantenendo comunque stretti rapporti con il Partito Sardo d'Azione. 

Come esponente di punta dell'ala socialista del partito guidò lo scontro contro la corrente liberaldemocratica di Ugo La Malfa, un conflitto che fu la causa scatenante della scomparsa del Partito d'Azione. 
Il tormentato rapporto di Lussu con la dirigenza moderata e conservatrice del partito sardo post-bellico sfociò nel '48 in una rottura: la corrente lussiana fondò un nuovo partito (il Partito Sardo d'Azione Socialista), che confluì di lì a poco nel PSI. 

Nel 1945 fu ministro nel primo governo di unità nazionale dell'Italia libera, quello presieduto per breve tempo dall'azionista Parri e nel successivo governo del democristiano De Gasperi. 


Le accuse di incoerenza

Il cambiamento di posizione concettuale rispetto alla guerra fu oggetto di intensa discussione nel mondo politico, più che in quello letterario: prima giovanissimo interventista, poi, nell'esilio imposto dai fascisti, autore di un manuale sull'insurrezione contro la tirannide (Teoria dell'insurrezione), e poco tempo appresso autore di un testo che sarebbe difficile non definire come pacifista; poi ancora volontario in Spagna, Lussu consegnava ai critici un'impostazione ideologica ed etica originale, anche se non priva di aspetti problematici. Su di essi gli avversari politici (dai fascisti agli indipendentisti sardi reazionari; dai clericali agli stalinisti) tentarono di speculare per mettere in ombra il suo percorso politico e umano, improntato ad uno schietto ed intransigente socialismo libertario, sardista e federalista. 


Fu interventista democratico (e non nazionalista, come molti di coloro che poi confluirono nel movimento fascista nel primo dopoguerra) all'età di 23-24 anni: l'esperienza drammatica della guerra gli fece capire l'assurdità di questa grande carneficina e ne trasse una serie di insegnamenti che poi ispirarono molta parte delle sue successive scelte politiche. Lottò infatti al fianco dei contadini e pastori sardi per il loro riscatto e si oppose alle dittature fasciste e naziste in nome dei principi di giustizia sociale, libertà, autonomia. In quest'ultimo caso, fu consapevole che la vittoria sarebbe stata raggiunta (come in effetti fu) soltanto militarmente: da qui l'organizzazione degli Arditi del popolo contro gli squadristi fascisti; la progettazione di un'insurrezione antifascista e repubblicana in Sardegna; l'intervento nella guerra di Spagna con le Brigate internazionali e la partecipazione alla lotta di liberazione nelle fila del Partito d'Azione. 
Affermare, come alcuni fanno ancora oggi, "il repentino abbandono della "causa sarda", unito alla singolare "rinnegazione della sua terra" nel caso di Lussu è un falso storico. Non solo non rinnegò mai le sue radici sarde ma disprezzò sempre chi lo fece; restò in contatto sia personale che epistolare con numerosi esponenti del mondo politico sardo (compresi quei sardisti dai quali si era allontanato al momento della scissione); visitò, anche in qualità di uomo politico, numerose volte l'isola, ed il paese natale di Armungia; in parlamento difese le pur deboli prerogative concesse dallo statuto autonomista sardo (consapevole che si trattava di ben poca cosa rispetto all'autogoverno derivante dalla trasformazione federalista dello Stato, obiettivo per cui lottò una vita) e richiamò l'attenzione del governo e delle altre forze politiche sulla necessità di migliorare le condizioni economiche e sociali del popolo sardo e, in particolare, delle sue classi lavoratrici e proletarie (si vedano i due volumi dei suoi Discorsi parlamentari e la raccolta postuma di interventi Essere a sinistra). 






  L'avvenire della Sardegna di Emilio Lussu (da Il Ponte", 1951)
…..
Il fascismo, per la Sardegna, può essere solo comparato, nel suo passato, alla dominazione aragonese e spagnola. E col suo crollo, vi ha portato, in strati fascisti e non fascisti, quel nazionalismo esasperato proprio del fascismo in Italia, il quale per una grande nazione è sempre un’avventura tragica, ma per una piccola regione, isolata per giunta, è fumisteria grottesca. Come è stato grottesco, dopo la Liberazione, quel nazionalismo sardo indipendentista, che finiva col puntare le fortune dell’Isola sull’America o sull’Inghilterra. Spedito e allegro indipendentismo, che si metteva alle immediate dipendenze del miglior offerente, nel caso nostro solo putativo. Ma cosí è il nazionalismo. La Sardegna risorgerà, e saremo noi sardi gli artefici del nostro avvenire. Ma senza la solidarietà dello Stato nazionale, son fantasticherie sognare rapide rinascite. E tale solidarietà è vano mendicarla. Né può essere spontanea. Non può essere che una conquista della lotta politica, inscindibile da quella del resto dell’Italia. E, come ogni conquista, imporrà lunghi e duri sacrifizi. La Sardegna ha oggi uno sviluppo industriale che la mette alla testa delle regioni del Mezzogiorno; ma a questo non corrisponde il progresso del restante dell’Isola. Questa frattura, unica nelle regioni d’Italia, è la conseguenza del tipo colonialista della nostra industria. Legare lo sviluppo dell’una alla trasformazione agricola dell’Isola, e subordinare a quest’ultima la prima è il presupposto della nostra rinascita economica e sociale. Quando si pensi che 900.000 ettari di terreno – dati tecnici – sono trasformabili e passibili di diventare produzione agricola, ci si può fare un’idea non solo delle possibilità dell’Isola, ma dell’apporto che essa può dare all’economia e alla civiltà nazionale. Lo Statuto autonomistico vigente contempla questa collaborazione della Regione e dello Stato per la rinascita dell’Isola. Ma l’autonomia è ancora sulla carta, cosí come lo è lo Stato democratico che in comune abbiamo costituito. Molte cose sono sulla carta, in Sardegna. Ma v’è anche parecchio lievito in fermento. Tutto un nuovo mondo si muove, dentro di noi, ed è già alle sue prime luci certe del mondo esteriore. Vi sono molti secoli che premono e che ci spingono, oltre il focolare e la casa sprangata, oltre il nostro canto chiuso fatto di echi di lamenti senza principio e senza fine. Perché non dirlo? Sentiamo che il popolo sardo, come i popoli venuti ultimi alla civiltà moderna e già fattisi primi, ha da rivelare qualcosa a se stesso e agli altri, di profondamente umano e nuovo.