domenica 9 settembre 2012

Il Signore delle Mosche (William Golding)

William  Golding

http://librinprestito.wordpress.com/2012/09/09/il-signore-delle-mosche-william-golding/

Titolo originale dell’opera: Lord of the Flies
Anno di pubblicazione: 1954
Una frase attribuita all’autore e che in qualche modo fa da didascalia a questo romanzo: ““L’uomo produce il male come le api producono il miele
Non è una bella storia.
Da un lato è qualcosa di molto lontano da noi: un aereo precipita, durante la seconda guerra mondiale, su un’isola sconosciuta. Non si sa dove fosse diretto, né perchè trasportasse tutti quei bambini. Ma i bambini sono gli unici superstiti. E sono tantissimi, di età diverse.
Eppure quello che non piace, di questo libro è qualcosa che ti si insinua sotto pelle man mano che ne sfogli le pagine e che ti addentri in una foresta che è ambientazione della storia ma è anche l’animo dell’uomo. A questa sensazione dai all’inizio un nome: estraneità. Ma poi capisci che il fastidio nasce da qualcosa che è l’esatto contrario: quella situazione così improbabile e così lontano da noi, nello spazio e nel tempo, ci assomiglia in modo imbarazzante.
Non è una sorpresa di quelle che fa piacere scoprire.
Dal gruppo di ragazzi ne emerge all’inizio uno, Ralph, ragazzino ambizioso ma ponderato e, tutto sommato, leale. Al suo fianco, fin dalle prime pagine, un ragazzino cicciottello e occhialuto che conosceremo solo ed esclusivamente con l’odioso soprannome di Pig: è goffo, lento, impacciato, vittima dell’ironia di tutti ma ha una gran dote. Pig pensa. E’ per questo che Ralph lo fa suo consigliere.


Poi c’è Jack. Jack è l’antagonista di Ralph. Inizialmente Jack ne riconosce l’autorità ma ben presto tra i due nasce una rivalità che rivela tutta la loro diversità: Ralph ha a cuore la sopravviveza e la possibilità di farsi venire a salvare, a Jack interessa la soddisfazione dei suoi istinti primari, la gratificazione individuale, qui e ora.
E’ più o meno con la nascita della rivalitàche scatta l’analogia con quello che siamo noi, adulti, abitanti nelle comodità di una società occidentale.
I ragazzini convocano periodicamente delle adunate, che in realtà non servono a niente, perchè non si decide mai niente. E’ solo il momento in cui Ralph comunica qualcosa. Ma queste assemblee prendono sempre una direzione diversa da quella che lo stesso Ralph vorrebbe. Ralph vuole parlare della necessità che tutti aiutino a costruire i rifugi, dell’importanza che a turno ci si occupi del fuoco che deve sempre restare acceso per essere avvistati da evntuali navi di apssaggio. Ma sembrano argomenti che non interesano a nessuno. L’attenzione viene sempre rivolta a chi urla più forta, a chi parla di paure e di fantasmi, e non a chi popone soluzioni pratiche per risolvere problemi.
E quindi, tra un’adunata e l’altra, i bambini si comportano, appunto, come bambini: mangiano frutta, giocano, dormono. Nessuna preoccupazione per il futuro, pensiero che sembra angustiare solo Ralph e Pig.
Jack ad un certo punto si separa da Ralph portando con sè alcuni fedelissimi che andranno via via aumentando. Jack va a caccia di cinghiali ma più per soddisfare il suo istinto di violenza più che per procurare benessere al gruppo. Jack non pensa mai a quello che può essere utile al gruppo. Eppure, con la sua violenza ed il suo mancato rispetto delle regole, attira a sè sempre più gente.
Mentre si leggono queste pagine ci si chiede: “Ma com’è possibile? E’ così evidente che il capo giusto da seguire sarebbe Ralpg, il razionale, il saggio, il lungimirante!” Ralph però chiede turni di guardia al fuoco, Ralph vuole che tutti aiutino a costruire rifugi, Ralph non fa feste, Ralph segue le sue stesse regole. Poi alzi gli occhi dal libro e ti guardi in giro e ti sembra di capirlo così bene, quel libro lontano: perchè non è molto diverso da quello che ci succede intorno, da quello che leggiamo nei nostri giornali.


Ralph, alla fine, rimane da solo.
Ma non basta. Ralph viene inseguito, diventa la preda che tutto il gruppo si mette a cacciare. E non si capisce il perchè, nemmeno i ragazzini che gli danno la caccia in realtà lo sanno. Lo fanno perchè l’ha ordinato Jack. Jack che diventa il nuovo leader perchè urla, perchè va a caccia, perchè si dipinge il volto, perchè fa festa, perchè fa paura.
La paura è un’altra costante nel libro. Paura di mostri che nessuno vede ma che tutti giurano di aver visto e che descrivono con minuzia di particolari. Una paura verso qualcosa di indefinito che si trasforma, nella seconda metà del libro, in una paura molto più concreta: la paura di sè stessi, per la violenza che si riesce a raggiungere con così tanta facilità e con scarsissimi sensi di colpa.
L’ultima scena del libro è apparentemente positiva. Ma ormai tutto si è rotto. E lo capisce bene Ralph che “piangeva per la fine dell’innocenza, la durezza del cuore umano e la caduta nel vuoto del vero amico“.


Un libro drammatico e violento che ti scende dentro come un liquido vischioso da cui ci si libera a fatica e che costringe a rallentare i movimenti, costringe a pensare.
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“Andrò da lui con questa conchiglia in mano. Gliela mostrerò. Guarda, gli dirò, tu sei più forte di me e non hai l’asma. Tu ci vedi, gli dirò, e con tutti e due gli occhi. Ma io non rivoglio indietro i miei occhiali per favore. Non ti chiedo di fare un bel gesto, gli dirò, né di ridarmeli perchè sei forte, ma perchè quello ch’è giusto è giusto. Dammi gli occhiali, gli dirò… Tu devi darmeli!”
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Gli altri annuirono. Capivano anche troppo bene che dipingersi il volto significava acquistare la libertà dei selvaggi. “Bene” disse Ralph “noi non ci dipingeremo, perchè noi non siamo dei selvaggi”
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La miglior cosa da fare era di non badare a quel cupo presentimento del cuore, e contare sul buon senso, sull’integrità mentale che di giorno dovevano pur avere. (…) Era vero che si trattava di selvaggi, ma erano degli esseri umani, e i terrori insidiosi della notte fonda si avvicinavano.
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Più di tutto egli cominciava a  temere lo sportello che poteva chiudersi nella sua mente, oscurando il senso del pericolo, rendendolo ottuso.
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