Uno studente tra il pubblico coglie lo straordinario incontro dell'individuo con la storia. L'apatia dei giovani, che per l'abitudine non si accorgono più quanto siano preziose la libertà e la giustizia, si trasforma in consapevolezza di fronte agli eventi che li pongono davanti alla scelta di difendere una terra, una cultura e i suoi valori.
Il giorno 24/04/15, insieme agli studenti della classe VB chimica, mi sono diretto al teatro comunale di Sassari, per assistere ad un’opera teatrale, organizzata da nostri coetanei per celebrare l’anniversario della liberazione dell’Italia: festa della liberazione e giorno della Resistenza, un giorno che si celebra ogni 25 aprile. Un giorno importante per l’Italia, simbolo di vittoria militare e politica, operata dalla Resistenza delle forze partigiane contro i nazi-fascisti.
L’8
settembre 1943, dopo l’annuncio dell’armistizio con gli anglo americani, i tedeschi prima alleati, diventarono subito nemico da combattere: e qui viene il
ruolo dei partigiani uomini e donne, che decisero di opporsi per liberare la
loro terra.
Ed
eccoci al teatro comunale; il sipario si apre e le luci si spengono: l’opera
sta per iniziare. Dopo qualche sistemazione di microfono ed altro, un gruppo di
ragazzi fanno ingresso sul palcoscenico, accompagnati da applausi, fischi ed
urla da parte del pubblico.
È
iniziata la rappresentazione con l’obiettivo di denunciare il crimine fascista
e di riportare alla memoria l’uccisione del deputato parlamentare
Giacomo Matteotti, in quanto aveva denunciato brogli e violenze alle elezioni del 1924. Lo
spettacolo mi è sembrato di una noia mortale, forse perchè non avevo elementi
tecnici per poterlo apprezzare. Esce di scena il primo gruppo e viene
sostituito da un gruppo di ragazze, che rappresentano il liceo Azuni di
Sassari. Inizio già a gradire lo spettacolo: più movimento e meno parole. Ma la
domanda che continuo a pormi è: cosa c’entra il ballo presentato dalle belle
ragazze con la Resistenza? Intuisco che è dedicato alla donna partigiana, e ha
lo scopo di riportare alla memoria il ruolo della donna durante la guerra. Ma ancora
rimango senza risposte chiare, insomma nell’incertezza.
Ma
non appena mi distraggo, il microfono viene assegnato ad un altro ragazzo,
dalla statura bassa e il carattere bizzarro, sembra un comico, invece NO, si
presenta come cantante: avevo intuito male. Il piccoletto si rivela con una
voce suadente, piena di energia. E i fotoni di quella luce si propagano in sala
trasportando energia. Ed ecco l’esplosione della gioia in quella sala. Sento
come se fossi venuto qui esclusivamente per sentirla, mi son sentito immerso in
quella voce, come d’Annunzio riesce ad aderire con tutti i sensi e con tutta la
vitalità alla natura, sino a confondersi con essa. Le canzoni vengono
presentate come canto popolare partigiano Anti-fascista. Una mi colpisce
particolarmente.
Una mattina mi son svegliato
O bella ciao, O bella ciao, bella
ciao ciao ciao
Una mattina mi son svegliato
Ed ho trovato l’invasor
O partigiano porta mi via
O bella ciao, O bella ciao, bella
ciao ciao ciao
O partigiano portami via
Che mi sento di morir
E se io muoio da partigiano
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In verità ascoltandola mi sento un partigiano,
pronto a combattere il male, pronto a mettermi in sella e combattere i draghi,
come farebbe d’altronde Don Chisciotte. Mi immagino in Siria, in Iraq a
parteggiare contro l’Isis. Non sopporto l’idea che la verde bandiera dell’Islam
venga macchiata di sangue da questi assassini. Non sono in me in questi
momenti, possibile che questi siano momenti più realistici della vita di tutti
i giorni?
L’opera si conclude con le parole di Antonio
Gramsci:
“Odio
gli indifferenti, credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive
veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”.
“Vivo,
sono partigiano, perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”
Allora penso ai miei fratelli in
Palestina; quando avranno anche loro un 25 aprile, anche da loro si potranno
cantare canzoni popolari partigiane.
Mohammed Arrach